Il GAZEBO. L’architetto Stefania Galante ci accompagna in un excursus storico dedicato alle funzionalità architettoniche dei gazebo.

Il gazebo ha una storia antica che si può far risalire ai padiglioni cinesi con il tetto a falde rivolte verso l’alto, luogo di meditazione e parte integrante dei giardini dell’estremo oriente.

Strutture analoghe furono realizzate dai turchi, dal XV secolo nei giardini ma anche vicino al mare e ai fiumi, e denominate chioschi, termine che apparve poi, agli inizi, del Seicento, nella lingua francese. Non si possono, tuttavia, trascurare, per l’influenza che hanno avuto sulla tipica struttura da giardino, i padiglioni dei giardini romani o i tempietti greci circolari, tholos, a conferma di come la geografia degli scambi commerciali abbia giocato un ruolo determinante nella diffusione della cultura architettonica e degli spazi verdi.

IL gazebo nel GIARDINO ALL’INGLESE

L’affermazione definitiva del gazebo si ha, tuttavia, nel XVIII secolo, grazie allo sviluppo in tutta Europa del giardino pittoresco o all’inglese, che, concepito come un quadro, con percorsi dalle linee fluide che assecondavano il paesaggio, era popolato da edifici leggeri che creavano scenari spettacolari integrandosi nel contesto. [1]
A pianta centrale, sopraelevato da terra e aperto su tutti i lati per favorire il passaggio delle brezze, dall’avvento della ghisa e per i primi decenni del Novecento fu realizzato soprattutto con questo materiale, e declinato con ricchissimi motivi decorativi e sistemi di copertura diversificati, a forma conica semplice, a falde, a profilo piramidale traforato o a cupola.

L’evoluzione dei gazebo

Nato per il piacere, utilizzato come belvedere, nella sua lunga storia il gazebo è stato anche strumento politico, utilizzato dagli Archizoom, Branzi, Corretti, Deganello, Morozzi, per manifestare, attraverso il progetto, la loro posizione rispetto agli eventi dell’epoca. Una immaginaria linea di Gazebi, da loro disegnata, prodotta da un altrettanto immaginaria ditta islamica, la Gazebos, fu pubblicata, come pagine di un catalogo di vendita per corrispondenza, sul primo numero della rivista ‘’Pianeta Fresco’’, diretta da Allen Ginsberg, Ettore Sottsass jr. e Fernanda Pivano, nel dicembre del 1967. [2]il gazebo sprech
Il gazebo ha assunto nuovamente un significato metaforico nel progetto di Andrea Branzi per la sua mostra alla Fondazione Cartier per l’arte contemporanea, nel 2008.

Realizzato in vetro e metallo e intrecciato con elementi naturali come rami e fiori, espressione di transitorietà e di flessibilità il gazebo è interpretato da Branzi quale emblema della società del XXI secolo.
Leggerezza, versatilità e funzionalità, sono queste le caratteristiche che decretano ancora oggi il successo del gazebo. La copertura degli spazi esterni permette, infatti, di godere del verde durante le ore soleggiate d’estate grazie all’ombreggiamento e fornisce un riparo nelle ore serali. Elemento d’arredo e di design, permette di valorizzare gli spazi esterni, dai giardini ai terrazzi, arredato con tavoli e sedie o con divani e poltrone, ma anche con una minipiscina.

[1] Arredo&Città, Gazebo!, anno 18 N.1, 2005
[2] R.Gargiani, Archizoom Associati 1966-1974, dall’onda pop alla superficie neutra, Electa, Milano 2007

 

Stefania Galante, architetto, si è laureata presso l’Università degli Studi di Firenze, dove ha studiato industrial design con il prof. Chigiotti. Ha conseguito un dottorato di ricerca presso l’Università degli Studi di Napoli e una borsa di studio post-dottorato presso la Scuola Superiore Isufi, Università del Salento.
Ha lavorato a contratto presso la Direzione Patrimonio storico architettonico e Demoetnoantropologico del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, Settore Musei, e presso il Museo Nazionale Preistorico Etnografico Pigorini di Roma, occupandosi di allestimenti museali e mostre.
Da circa 15 anni lavora come libero professionista occupandosi di interior design, exhibit design, product design con una particolare attenzione alla sostenibilità. Ha al suo attivo partecipazioni a mostre collettive con oggetti di design autoprodotto. Nel 2014 ha collaborato con un’azienda di marmi per la realizzazione di alcune lampade utilizzando gli scarti di produzione, esposte a Milano in occasione del Salone del Mobile del 2015, Fuorisalone, Ventura Lambrate, e a Roma presso la Galleria “La Linea Arte Contemporanea” nel dicembre 2015.
Ha insegnato presso l’Università del Salento, l’Accademia di Belle Arti di Lecce e attualmente per l’Istituto Design Matera.
É inoltre autore di saggi e articoli su riviste scientifiche e alcune sue realizzazioni sono state pubblicate in cataloghi mostra e testi specialistici.